giovedì 21 maggio 2015

Recensione di Franco Trifuoggi sul libro "Dipingere l'anima" di Elide Triolo

Dipingere l'anima è il titolone sintetizza mirabilmente le due vocazioni preminenti dell'Autrice Elide Triolo, manifeste nel saggio edito nel 2014 a Palermo dalla Fondazione Thule Cultura: l'arte pittorica e lo studio della profondità del mondo dell'anima. Non a caso, infatti, il sottotitolo, ad esso di riferimento, è abisso interiore fra mito e simbolo. Della biografia di questa geniale pittrice siciliana discorre lucidamente in una puntuale postfazione Vito Mauro: nata a Palermo nel 1980, specializzata in scenografia, docente di discipline artistiche, collaboratrice di eminenti scultori e musicisti, impiegata nel 2007/8 a Roma nella scenografia della trasmissione televisiva "Ballando con le stelle", autrice di numerose opere pittoriche (tra le quali l'Omaggio siciliano alla Beata Maria Cristina) e gratificata di vari premi. La sua pittura "ha un sapore metafisico, trascendentale e onirico", mentre la "dedizione all'arte al servizio del prossimo" la impegna anche nel mondo delle artiterapie.
    A lumeggiare la genesi della sua ricerca spirituale e della conseguente composizione del saggio valgono, oltre il Prologo - che ravvisa nella sua arte il riverbero dell'inconscio, della sua crisi interiore, e del suo cammino teso alla scoperta della Verità -, le rivelazioni, accolte nell'epilogo (La sorpresa che si manifesta nel quotidiano), con cui la Triolo richiama la conoscenza dell'opera Oltre il confine di Tommaso Romano e l'ingresso nella Fondazione Thule, che le dischiudono un orizzonte atto ad aiutarla a scoprire quel tesoroninteriore, non senza l'apporto di una "costellazione di persone" tra cui i familiari e alcuni docenti come Franco Nocera e Totò Mineo.
   La scrittrice esordisce, quindi, rivendicando l'assoluta distinzione dell'anima rispetto al mondo materiale, come elemento vitale, " energia impalpabile", e deplorando la materializzazione di essa invalsa in Occidente ("ciò che curano in psichiatria non è l'anima ma il corpo nella sua parte cerebrale", che è materia) e il conseguente "allontanarsi da Dio, dall'alito divino, il non accettare che l'anima è il suo soffio", mistero divino, "luce che ci fa comprendere l'immortalità e la vita stessa": donde "specchiarsi nei miti, nei riti, nei simboli vuol dire riconoscersi e risvegliare la memoria".  Pertanto la Triolo consacra un ampio discorso storico all'evoluzione del pensiero sull'Anima, a partire  dall'origine dell'idea di anima, chiamata in India atman  (da "an" = respiro, soffio d'aria), alla poesia e filosofia greche, all'orfismo e alla metempsicosi, a S. Agostino, ai neoplatonici, al pensiero rinascimentale con Marsilio Ficino (e al posto in esso occupato dalla magia), a Bacone e agli studi magico-alchimistici, alla crisi controriformistica della libera ricerca, al Romanticismo, fino al "rinnovato interesse per i problemi psicologici, per la natura del sogno, del mito, del linguaggio" in stretto rapporto con l'arte, alla psicologia del profondo con Freud e Jung, e alla ripresa dell'attenzione per l'alchimia, l'astrologia, l'occultismo, per concludere ribadendo il concetto dell'anima come "enigma dell'esistenza umana".
     Il mito, il sogno e il simbolo come lettura dell'anima occupano il denso capitolo successivo, ricco d'interessanti riferimenti e chiarificazioni, tra cui: la definizione dei miti come "memoria degli elementi archetipici sul piano personale della coscienza collettiva"; gli studi di Joseph Campbell e il valore del mito come "veicolo principale per iniziare a recepire il messaggio dei simboli"; la distinzione junghiana tra "inconscio collettivo" e "inconscio personale"; l'interpretazione del sogno; la differenza tra simbolo e segno; la religione stessa come simbolo (della purificazione, del trascendente, del legame tra uomo e Dio); il fantastico come "esternazione di mondi invisibili non accessibili al quotidiano comune e tattile". Successivamente l'indagine investe il percorso dal mito e rito alla tradizione: se il mito - osserva la Triolo - "oggettiva la realtà extraumana, il rito oggettiva il possibile intervento dell'uomo", e diviene così "tradizione e, a sua volta, festa", a cui ella vede intimamente legata l'arte (l'icona sacra è "un vero e proprio rituale sacro"), mentre nella tradizione ravvisa "il DNA dell'umanità", che ci fa riconoscere "parte di un tutto".
    Alla nascita dell'arte magica l'Autrice dedica un appassionato excursus storico, accennando, tra l'altro, ai "testi delle Piramidi", ai riti dei Druidi, alla Cabala, all'alchimia, alla pittura di Hieronymus Bosch. Si snoda, quindi, un'agile quanto accattivante epitome di storia dell'arte sotto l'aspetto della ricerca dell'ignoto e del subconscio, vivacizzata da foto riproducenti le opere di famosi autori e illuminata da giudizi degli autori stessi sull'arte. In essa brillano, tra gli altri, i nomi di William Blake, Fussli "il grande pittore dell'inconscio", di Friedrich con i suoi "paesaggi impregnati di magia", di Gauguin, di Van Gogh, di Munch, Kokoschka, Chagall, e non mancano riferimenti a odierne sconvolgenti immagini cinematografiche. A questa storia si intreccia, quasi integrandola, quella dei grandi movimenti letterari, spesso intramezzata da passi, prosastici o poetici, di grandi scrittori: Nietzsche, Carducci, D'Annunzio, Pessoa, Ungaretti, Gilbram, Dante.
    Ed ecco sorgere una domanda inquietante: "Si può perdere l'anima?". Al riguardo l'Autrice discorre dei confini dell'anima, ravvisando due vie: "la via di apertura verso tutti quei mondi sensibili che consentono di aprirci verso altre energie: energie psichiche, spiritismo, medianicità, ecc. o la via della profondità dell'anima, quel mondo infinito dentro noi stessi". Perdere l'anima è appunto "la metafora per indicare quel distacco comunicativo con il nostro io più profondo", con la sua parte divina. A coronamento sul discorso sull'anima, la Triolo illustra il concetto di alchimia, distinguendo opportunamente le due direzioni: "quella materiale, che diede vita alla nascita della chimica e scienza moderna", e quella mistica, che ricerca la purezza assoluta" di cui è simbolo la pietra filosofare". Rileva che la ricerca dell'artista, che prende "oggetti, paesaggi ed altri elementi della realtà" e li elabora nel suo intimo trasformandoli, "ricalca i processi dell'alchimia sia pure in forma inconsapevole e talora elementare"; e ricorda, in merito, il barone Casimiro Piccolo, pittore alchimista vissuto a Capo d'Orlando lontano dai clamori mondani e dedito "alla ricerca dell'essenziale  e dello spirito". Un'appassionata illustrazione dell'alchimia che mi richiama alla mente l'ampio respiro e la passione intellettuale del discorso ad essa dedicato dalla studiosa nolana Raffaella Ferraggina, originale esegeta di Giordano Bruno, nel saggio Sogno, poesia, innamoramento e profezia.
    L'ultimo capitolo tocca il mito del viaggio, con il personaggio di Ulisse, la cui avventura rievoca il "processo alchilico, psichico, di trasformazione, "generazione-dissoluzione-rigenerazione"; e si sofferma a proporre un'interpretazione della Commedia di Dante come "viaggio iniziatico" sulla base delle corrispondenze astrologiche e numeriche, dei simboli e degli enigmi, non senza intravedere, nel XXXIII canto del Purgatorio, occultato il nome Tule e altri riferimenti geografici intenti alla mitica isola: ipotesi indubbiamente suggestiva.
    Opera di ampio respiro, quella della Triolo, che legge con crescente interesse, per l'ampiezza dei temi e dei riferimenti culturali per la trasparente e suasiva enunciazione di concetti, assiduamente illuminati dalle innumeri illustrazioni, per più policrome, molte delle quali riproducenti capolavori artistici, mentre altre sono riproduzioni di significative composizioni pittoriche della stessa Autrice, della cui ispirazione sono frutto anche varie liriche, pregevoli e intense, attinenti alla tematica proposta. Una schietta e partecipe risonanza della attenzione per molteplici versanti culturali, insomma, accompagna questa ardimentosa "navigazione", nel cui "mare magnum" - come acutamente e opportunamente nota il Prefetto prof. Gianfranco Romagnoli, illustre prefatore - "l'Autrice riesce a mantenere la rotta, sostenuta da un saldo punto di riferimento: Dio, più volte chiamato in causa nella sua funzione salvifica". E in realtà la persistenza di un invulnerato fervore religioso, accanto ad un assiduo entusiasmo intellettuale, connota il percorso della Triolo, costantemente animata da una ferma fede nell'arte: nell'esaltarne il potere, poi, ella non manca di raccordarlo alle ragioni storiche ed esistenziali delle varie epoche, ed alla stessa attualità, come quando, accennando al Decadentismo, alla crisi dei "veri valori" e alle avanguardie, le collega alle lacerazioni ed incertezze "che attraversano la ricerca scientifica la riflessione filosofica e la meditazione religiosa negli ultimi due secoli". per cui l'arte esprime l'angoscia dell'uomo del nostro tempo. Donde il saggio della Triolo, oltre ad assumere una valenza estetologica, reca un forte messaggio religioso ponendo l'accento sul soprannaturale e sull'arcano di cui il mondo di oggi appare spesso dimentico: "La promessa che ho fatto e che non dovrò mai tradire, è quella di tenere sempre per mano Dio, mio Padre, a cui dovrò sempre rapportarmi". "L'anima è la nostra parte divina e bisogna saperla ascoltare e conoscere, perché tramite lei parliamo con Dio".

Franco Trifuoggi


pubblicato in "Rassegna Siciliana" di storia e cultura (aprile 2015)
           

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